Nella mitologia greca si racconta che Dioniso (Dio del Vino), chiese un giorno a Sileno, suo maestroe precettore, un consiglio su come fare la guerra senza l’uso delle armi. Sileno gli consigliò di usare tirsi (verga attorcigliata d’edera e tralci di vite) e tamburi (che facevano solo rumore) e soprattutto avere qualcosa che assomigliasse al sangue: il vino. Sileno raccontò di una pianta che dava buffissimi frutti, che amano tanto la compagnia da stare sempre assieme attorno ad un unico gambo.
“Se strizzi questi frutti, disse a Dioniso, ne viene fuori un liquido uguale al sangue; se te ne cibi,danno al corpo la stessa energia, insomma è per questo, disse, che la pianta a me nota l’ho chiamata vite”.
Così Dioniso, dopo aver conquistato col “fracasso” le Indie e l’Egitto, vi piantava la vite,raccoglieva i frutti, obbligava i sudditi a cibarsene e quando li vedeva impiastricciati in viso e nellemani diceva: ”Ora non si potrà più dire che non versi sangue anch’io”.
Le prime impronte dell’”addomesticamento” della vite, dal latino vitis , si trovano in alcune zone dell’Asia e del Caucaso. Il ritrovamento d’alcuni semi risalenti all’anno 8’000 a.C. permette di stabilire il periodo d’inizio delle pratiche della viticoltura - attorno al 5’000 a.C. La Vitis vinifera compare nella Mesopotamia. Dopo molto secoli, i semi della vite, migrarono verso l’Europa, pare spinti dal vento. Gli Egizi ci hanno lasciato testimonianze tramite affreschi sulle tombe: descrivono pergole basse e con molto fogliame.
In seguito fu la volta degli antichi Greci che diffusero la coltura del vino studiando i tipi di vitigni e le tecniche prime di vinificazione. Omero ci racconta che il vino greco era di buona struttura e di gusto fruttato. Con l’avvento del cristianesimo e la decadenza dell’Impero romano, il vino assume una funzione sacrale.
Storia dell'Uva



L’uva è apprezzata fin dalla notte dei tempi, tanto da ritrovarla nella mitologia come frutto di piacere nei banchetti degli Dei, nelle mense dei principi e nei dipinti dei grandi maestri.L’uva è il simbolo dell’eucarestia.Perché dal essa si produce il vino, che per la cultura Cristiana simboleggia IL Sangue Di Cristo.Fino alla metà dell’800 tuttavia, non si faceva grande differenza tra uva da tavola e quella per vinificare. Fu dall’Italia che partirono i primi distinguo degli intenditori tra le uve da vino rispetto a quelle da pasto. Il frutto, da sempre simbolo di vita, è quanto di più prezioso ci dona la terra alla fine della stagione estiva perché costituisce un vero e proprio tesoro di sostanze nutritive che aiuta il nostro organismo ad affrontare il rientro ai ritmi invernali. Perché l’uva “cibaria”, come la chiamavano i Romani, è una ricchezza del Sud Italia.Nei gli anni '53-54 si comincia a piantare l'Uva Italia ottenuta dall’incrocio Bianca e Moscato d’Amburgo I risultati si vedono subito. Nei anni 70’, è stato introdotto il sistema dei "teli", coperture in plastica poste sui filari a protezione dell'uva dalle intemperie e che permettono di poter raccogliere l'uva fino al mese di dicembre.
Ed come è vero ,che Rutigliano possiede delle terre idonee alla coltivazione di qualsiasi cultura, è anche vero, che ha una protezione quasi”divina”, raccontata nella seguente storia:nel 1612, grazie alla devozione e con l’elemosina del popolo di Rutigliano, venne costruito un nuovo convento dei Cappuccini. Un certo Castellano di Spagna, aveva commissionato ad un eccellente artefice di Brindisi, la lavorazione di un’immagine del SS Crocifisso. Compiuto il lavoro, fuorché la testa, non perfezionata, né congiunta al corpo, pose egli tutto in una cassa per portarlo a Barcellona, patria del Castellano. Partito dunque da Brindisi, il lodato artefice, passo per Rutigliano, e si diresse a Bari, ma gli animali che portavano il carro, giunti all’imboccatura della vecchia strada che tuttora porta al convento di questi Padri Cappuccini, si fermarono e non vi fu modo di farli camminare.Allora l’artefice andò fuori di sé, e permettendo alle bestie di prendere la via che loro piacesse, vide che si dirigevano verso il convento. Giunti al convento, di nuovo gli animali si fermarono e, non ci fu modo di fargli proseguire il cammino. L’artefice, pensò allora di chiedere ospitalità per una notte ai Padri Cappuccini, e chiese di poter depositare nella chiesa del Convento la cassa, ben chiusa.La mattina del giorno seguente, avendo esternato i frati, il desiderio di vedere l’opera dell’artefice, si recarono in Chiesa. Nell’aprire la cassa, l’artefice vide la testa del Crocifisso perfezionata in modo eccellentissimo, e comprendendo che non fosse opera sua, cadde per terra privo di sensi. I frati ammirando il meraviglioso lavoro, non sapevano spiegarsi l’accaduto. Fu allora che l’artefice, per tanti segni ricevuti volle donare quel Crocifisso al Convento dei Cappuccini. Donò devotamente l’immagine al Convento di Rutigliano.Questo fu un dono grande per la città di Rutigliano, che iniziava a diventare una grande potenza per la sua fiorente agricoltura. Nel 1709, si presentò in tutta la Puglia una grande siccità, le piante stavano morendo, gli animali, non avendo niente da mangiare, non riuscivano a sopravviver e di conseguenza anche gli uomini, stava per succedere una catastrofe. Fu allora che il Sindaco di Rutigliano di quell’anno, si e rivolto al Superiore del convento, per poter portare in processione la sacra Immagine, come segno di penitenza, fino a quando non si fosse ottenuta una copiosa pioggia. Così , il 15 settembre 1907, il SS . fu portato in processione per tutte le vie di Rutigliano, con tutto il popolo Rutiglianese rimase in chiesa Matrice per 8 giorni, e prima che l’ottavo giorno terminasse cadde una pioggia abbondante che saziò tutto il popolo.Non fu questa la prima e l’ultima volta che il nostro paese ricorse al SS. Crocifisso e ne ebbe ascolto…

